Nuovi dati dal registro Italiano sulla Linfoistiocitosi Emofagocitica familiare

Cos’è la Linfoistiocitosi Emofagocitica

La HLH primaria o familiare (fHLH) è una malattia causata da alterazioni di geni coinvolti nel rilascio dei granuli citotossici dalle cellule immunitarie. La fHLH è considerata a tutt’oggi una malattia ad alto rischio di mortalità. Perciò informazioni sul decorso della malattia, sui protocolli di diagnosi e cura sono fondamentali per la gestione clinica dei pazienti e per le prospettive di guarigione.

In Italia, dal 1989 tali informazioni sono raccolte e coordinate dall’ospedale Meyer di Firenze in collaborazione con i centri nazionali di pediatria ed emato-oncologia. I dati medici contenuti nel database costituiscono il registro Italiano dell’HLH.

La prima pubblicazione che riguarda il registro risale al 2016 e riporta i risultati dell’analisi di una coorte di 500 pazienti HLH inseriti durante i 25 anni precedenti, in cui la conferma della malattia è stata ottenuta mediante test funzionali immunologici e genetici¹.

I risultati del registro fotografano una sindrome composta principalmente dal 42% di pazienti con mutazioni bialleliche nei geni della perforina e/o associati alla degranulazione, dal 10% da individui con varianti monalleliche ed infine dal 48% da malati in cui non sono state trovate mutazioni patologiche nei geni target, ma che mostrano un fenotipo HLH, e che rientrano nelle cosiddette HLH secondarie.

Successive pubblicazioni

A distanza di 8 anni il gruppo di Firenze pubblica ulteriori informazioni solo sulla forma familiare grazie alla selezione e all’analisi di 143 pazienti fHLH iscritti nel registro negli ultimi 15 anni². Premettendo che i pazienti, in entrambi gli studi, sono stati reclutati secondo i criteri diagnostici stabiliti dal protocollo clinico HLH-2004, è significativo il dato che emerge dal confronto dei risultati delle due pubblicazioni.

Una prima informazione, ottenuta grazie ai sequenziamenti target ed esomico, riguarda la distribuzione dei diversi sub tipi genetici che costituiscono la fHLH nelle due coorti di pazienti (tabella 1).

Nonostante nell’ultimo decennio il sequenziamento genico sia tecnologicamente migliorato come pure l’analisi bioinformatica, la distribuzione percentuale dei sub tipi nelle due coorti di pazienti rimane pressoché invariata, almeno nelle categorie più frequenti.

Tab. 1

Cetica et al., 2016 Pegoraro et al., 2024
età alla diagnosi 2,2 anni 1 anno
% pazienti FHL2 37% 33%
% pazienti FHL3 33% 29%
% pazienti FHL4 0% 1%
% pazienti FHL5 5% 11%
% pazienti XLP1 7% 8%
% pazienti XLP2 2% 6%
% Chediak-Higashi sindrome (CHS) 2% 6%
% Griscelli type 2 (GS2) 5% 6%

Osservazioni

La discrepanza si osserva invece nel dato sull’età media dei pazienti al momento della diagnosi.

Come indicato nella tabella, nello studio 2024 l’età media risulta essere di 12 mesi in linea con altre pubblicazioni³ mentre in quella del 2016 è di 2,2 anni.

Il miglioramento dello screening familiare e dell’aumento della consapevolezza della fHLH anche al di fuori degli ambiti pediatrici e la disponibilità di test genetici “veloci” ⁴, sono alcune delle motivazioni che determinano le differenze registrate nell’età dei pazienti al momento della diagnosi nei due studi e che supportando la nozione che la fHLH entro l’anno di età è causata da varianti nei geni PRF1, UNC13D, STX11 STXBP2 ⁴.

Di grande valore sono i dati sulla risposta ai trattamenti e sulla sopravvivenza nella fHLH. Gli studi clinici internazionali che regolano l’approccio terapeutico sono il protocollo HLH-94 e HLH-2004. Entrambi prevedono una fase di induzione di 8 settimane e una di mantenimento prima del trapianto HSCT nei casi necessari.

Durante la fase di induzione vengono utilizzati farmaci geno-citossici (per esempio l’etoposide) in combinazione con immunosoppressori (per esempio il dexametasone) mentre la fase di mantenimento è riservata ai pazienti che presentano una forma familiare, persistente, o recidivante al fine di mantenere il paziente in remissione fino al trapianto di midollo.

La ciclosporina anticipata nella fase di induzione nel protocollo HLH-2004, dato l’elevato rapporto rischio-beneficio, non viene attualmente utilizzata durante l’induzione e lo schema terapeutico indicato nel protocollo HLH-94 è rimasto lo standard of care. I risultati sono stati valutati in un gruppo di 104 su 143 pazienti mentre 19 persone hanno ricevuto solo una terapia basata su steroidi secondo lo schema della (tabella 2).

Tab. 2

TRATTAMENTO N° TOTALE PAZIENTI N° PAZIENTI VIVI SOPRAVVIVENZA MORTALITA’
STEROIDI 19 14 74% 26%
HLH-1994 29 20 69% 31%
HLH-2004 75 48 64% 36%
Tab. 2

Trattamento Steroidi HLH-1994 HLH-2004
N° Totale
pazienti
19 29 75
N° Pazienti vivi 14 20 48
Soppravvivenza 74% 69% 64%
Mortalità 26% 31% 36%

La sopravvivenza dei pazienti sottoposti a protocolli clinici HLH-94, HLH-2004 e calcolata dopo il trapianto e al momento della scrittura dell’articolo scientifico con un follow up di circa 30 mesi, risulta comparabile e non statisticamente dissimile.
La mortalità rimane ancora alta e si attesta intono al 35% tra coloro che rispondono ai protocolli clinici, laddove quella di coloro che non rispondono alla chemioterapia (il 22% dei pazienti) risulta maggiore del 95%.

Di fondamentale importanza sono perciò i risultati dell’analisi statistica dei dati raccolti in questo studio che ha individuato nei livelli alti di ferritina e bilirubina dei predittori rispettivamente della non-risposta al trattamento chemioterapico e della mortalità.

Infine la riattivazione della malattia, definita come ricomparsa della malattia secondo i criteri HLH-2004 dopo una completa e parziale riposta al trattamento, è avvenuta nel 33% dei casi. In alcuni di questi pazienti sono stati utilizzati nuovi trattamenti (come emapalumab, ruxolitinib, e alemtuzumab) che si sono rivelati efficaci nella maggior parte dei casi. Nuove e più approfondite ricerche sono necessarie per stabilire il ruolo e l’efficacia di questi nuovi farmaci.

Conclusioni

In conclusione le nuove informazioni del registro mettono in luce una serie di miglioramenti sia nella diagnosi che nel trattamento della fHLH che riflettano gli avanzamenti nella conoscenza di questa malattia. Anche gli approcci al trapianto continuano a migliorare, anche se la tossicità correlata rimane elevata (oltre il 50%). Poiché il trapianto allogenico di cellule staminali rimane l’unica opzione risolutiva per HLH, c’è, quindi, una grande necessità di eseguire studi sistematici volti a determinare un’intensità di condizionamento ottimale che sia ben tollerata e che consenta l’attecchimento duraturo delle cellule del donatore, per una sconfitta definitiva della malattia.

Bibliografia

1. Cetica, V., Sieni, E., Pende, D., Danesino, C., De Fusco, C., Locatelli, F., Micalizzi, C., Putti, M. C., Biondi, A., Fagioli, F., Moretta, L., Griffiths, G. M., Luzzatto, L., & Aricò, M. (2016). Genetic predisposition to hemophagocytic lymphohistiocytosis: Report on 500 patients from the Italian registry. The Journal of allergy and clinical immunology, 137(1), 188–196.e4.

2. Pegoraro F, Chinnici A, Beneforti L, Tanturli M, Trambusti I, De Fusco C, Micalizzi C, Barat V, Cesaro S, Gaspari S, Dell’Acqua F, Todesco A, Timeus F, Aricò M, Favre C, Tondo A, Coniglio ML, Sieni E; AIEOP Histiocytosis Working Group. Outcome of primary hemophagocytic lymphohistiocytosis: a report on 143 patients from the Italian Registry. Haematologica. 2024 Feb 22.

3. Chinn, I. K., Eckstein, O. S., Peckham-Gregory, E. C., Goldberg, B. R., Forbes, L. R., Nicholas, S. K., Mace, E. M., Vogel, T. P., Abhyankar, H. A., Diaz, M. I., Heslop, H. E., Krance, R. A., Martinez, C. A., Nguyen, T. C., Bashir, D. A., Goldman, J. R., Stray-Pedersen, A., Pedroza, L. A., Poli, M. C., Aldave-Becerra, J. C., … Allen, C. E. (2018). Genetic and mechanistic diversity in pediatric hemophagocytic lymphohistiocytosis. Blood, 132(1), 89–100.

4. Canna, Scott W, and Rebecca A Marsh. “Pediatric hemophagocytic lymphohistiocytosis.” Blood vol. 135,16 (2020): 1332-1343.

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