L’HLH è una sindrome iperinfiammatoria provocata da una incontrollata attivazione del sistema immunitario.
Ma che cosa provoca la sua comparsa? È sempre un’infezione a far manifestare l’HLH?
Sappiamo che le mutazioni geniche, che modificano la capacità citotossica dei linfociti T e la funzionalità dei Natural Killer (NK) sono i maggiori fattori di rischio per lo sviluppo della HLH familiare (FHL).
Nonostante ciò l’età di insorgenza della HLH è molto variabile persino tra fratelli con le stesse alterazioni geniche, perché, stranamente, alla nascita tutti i bambini con difetti genetici specifici legati a questa sindrome sono asintomatici.
Queste osservazioni suggeriscono che sono necessari altri fattori perché la HLH si manifesti. Nella maggior parte dei casi, questi fattori sono infezioni da microrganismi patogeni che provocano sia HLH primaria (1) che secondaria.
Uno studio tedesco suggerisce che l’HLH non si sviluppa sempre in seguito ad un’infezione
L’ipotesi infettiva come elemento scatenante dell’HLH si fonda su solidi presupposti scientifici (2), che però sono stati messi in discussione dal gruppo di ricercatori tedeschi, dopo l’analisi dei dati del loro registro di pazienti HLH (3).
Con grande sorpresa, i medici guidati dal prof. Ehl del Centro Pediatrico della Clinica Universitaria di Friburgo hanno notato che per molti pazienti affetti da FHL e inclusi nel registro non era stata documentata nessuna infezione.
Il registro, costituito da ottantasette pazienti HLH reclutati tra il 2008 e il 2014, riportava la dicitura “infezione” come causa di malattia solo nel 14% dei casi. Una possibile spiegazione poteva risiedere nel fatto che l’inclusione nel registro era avvenuto non attraverso un protocollo clinico specifico e che quindi le analisi microbiologiche potevano non essere state eseguite.
I ricercatori hanno deciso, dunque, di verificare la presenza di infezioni sul materiale bioptico dei pazienti ancora disponibile.
Questo è stato possibile solo su 26 (29% del totale) campioni di cui erano in possesso del consenso informato.
È da sottolineare che nel 88 % dei casi, i campioni appartenevano a pazienti di età inferiore ai due anni.
I risultati dello studio sull’infezione nell’HLH
Attraverso una tecnica molto sensibile capace di rilevare la presenza di infezioni (la RT-PCR), i ricercatori hanno cercato nei materiali biologici dei pazienti una serie di virus tra cui Epstein Barr, CitoMegalo Virus, Herpes Simplex di tipo 1+2, Herpesvirus 6, virus respiratorio sinciziale, Parecovirus, Adenovirus, Parvovirus, and Poliomavirus.
In 24 su 26 pazienti il test di RT-PCR è risultato negativo confermando l’assenza di infezioni nei campioni di pazienti analizzati e facenti parte del registro.
Da questo risultato si evince una cosa sorprendente e cioè che la FHL potrebbe manifestarsi in assenza di infezione nei bambini con una predisposizione genetica.
Per corroborare questa ipotesi i ricercatori si sono avvalsi delle informazioni presenti in letteratura e in particolare quelle riguardanti lo sviluppo della HLH in utero dove l’esposizione a patogeni è limitata (4).
In questo modo hanno preso in considerazione articoli scientifici che riguardavano pazienti con segni di HLH durante la gestazione e fino a 10 giorni dopo la nascita.
I criteri di inclusione riguardavano la diagnosi genetica di HLH o una storia familiare di HLH e il rispetto di 5 dei criteri stabiliti dal protocollo HLH-2004. I ricercatori analizzando i report di 25 bambini hanno identificato una caratteristica comune a molti che è l’idrope fetale probabilmente risultato dell’anemia e della splenomegalia. In 18 su 25 casi non è stata documentata nessuna infezione anche se sono state condotte analisi intrauterine e neonatali approfondite.
Conclusioni
Questi risultati meritano indubbiamente delle riflessioni: la prima sul fatto che nelle FLH vi siano altri fattori scatenanti oltre le infezioni.
L’esempio più eclatante a tal riguardo è la HLH cerebrale, priva di sintomi sistemici, che si sviluppa nella FHL senza una causa patogenica identificabile.
La seconda riflessione riguarda il ruolo biologico fondamentale della funzione citotossica dei linfociti T. Questa è importante non solo per il controllo di agenti patogeni, ma anche di stimoli non infettivi; anche in questo caso nei pazienti con HLH si potrebbero attivare risposte immunitarie incontrollate e letali.
AILE e la ricerca sul tema
Come associazione saremmo davvero motivati a supportare indagini scientifiche sui 171 pazienti FHL inclusi nel registro HLH depositato presso l’ospedale “Meyer” di Firenze (5), che potessero confermare i risultati del gruppo tedesco del Dr Ehl.
Inoltre avvaliamo lo studio clinico sulla FHL2 (deficienza di perforina), FHL3 (deficienza della MUNC13-4) che vede coinvolto proprio il Dr. Ehl ed alcuni gruppi europei che attraverso la raccolta di informazioni dettagliate su questi pazienti tentano di migliorare le terapie attualmente disponibili. Infine riportiamo che altre organizzazioni – quali la società americana sulla Istiocitosi e la Società Europea per le immunodeficienze – svolgeranno un ruolo importante condividendo i dati attualmente disponibili nei loro registri HLH nel tentativo di fare chiarezza sui punti ancora oscuri della FHL.
Bibliografia
- Ansuini V, Rigante D, Esposito S. Debate around infection-dependent hemophagocytic syndrome in paediatrics. BMC Infect Dis. 2013;13: 15.
- Bode SF, Ammann S, Al-Herz W, et al. The syndrome of hemophagocytic lymphohistiocytosis in primary immunodeficiencies: implications for differential diagnosis and pathogenesis. Haematologica. 2015;100(7):978-988
- Heeg M, Ammann S, Klemann C, et al. Is an infectious trigger always required for primary hemophagocytic lymphohistiocytosis? Lessons from in utero and neonatal disease. Pediatr Blood Cancer. 2018;65:e27344.
- Shah AJ, Kapoor N, Cooper RM, et al. Pre- and post-natal treat- ment of hemophagocytic lymphohistiocytosis. Pediatr Blood Cancer. 2009;52:139–142.
- Cetica V, Sieni E, Pende D, et al. Genetic predisposition to hemophagocytic lymphohistiocytosis: Report on 500 patients from the Italian registry. J Allergy Clin Immunol. 2016;137(1):188-196.e4